Per attraversare un ghiacciaio senza rischi è essenziale conoscere le tecniche di base per la progressione sulla neve, alle quali bisogna aggiungere la capacità di individuare ed evitare i crepacci e gli altri pericoli potenziali di un ghiacciaio. Se vi ponete davanti ai crepacci con un atteggiamento di rispetto, forse non vi capiterà mai di cadere, ma se vi succede è fondamentale che sappiate come uscirne senza danni. Prima di iniziare l’attraversamento di un ghiacciaio, dovete avere un quadro ben chiaro dei rischi, e soprattutto dovete sapere come affrontarli.
GHIACCIAI E CREPACCI
Le precipitazioni e il conseguente accumulo di neve e le variazioni della temperatura cambiano continuamente la conformazione dei ghiacciai, poiché ne influenzano l’avanzamento e il ritiro. Nella forma classica, il ghiacciaio si presenta come un fiume gelato che scorre sul versante di una montagna (fig. 17.1), ma sono molte le cose che lo differenziano da un corso d’acqua. Alcuni ghiacciai sono delle sacche di neve gelata, piccole e relativamente stagnanti; altri sono distese ghiacciate di proporzioni enormi, caratterizzate da formazioni nevose instabili e frequenti distacchi di ghiaccio.
La velocità di scorrimento di un ghiacciaio è variabile; in media un ghiacciaio alpino può percorrere fra i 45 e i 400 metri all’anno. Nella maggior parte dei casi lo scorrimento è più rapido in estate che in inverno, perché il ghiaccio viene ammorbidito dall’acqua prodotta dal disgelo. Il movimento del ghiacciaio provoca la formazione di crepe e fenditure nel ghiaccio, creando i crepacci.
Spesso i crepacci si formano quando l’inclinazione del pendio aumenta sensibilmente, creando tensione sulla neve e sul ghiaccio, che si spaccano (fig. 17.2). I crepacci si formano anche in corrispondenza di una curva lungo il percorso del ghiacciaio – in questo caso il margine esterno tende a lacerarsi più facilmente, o quando la distanza fra le pareti che circondano una vallata aumenta o diminuisce, o ancora quando due ghiacciai si incontrano. È anche possibile che la fenditura si formi quando il ghiacciaio incontra un ostacolo che ne ostruisce il percorso, come una sporgenza ciosa che fuoriesce dallo strato di ghiaccio (un nunatak, fig. 17.1d). Quando il ghiacciaio si stacca dalle nevi perenni o dalla calotta si forma un solco profondo, chiamato crepaccio terminale (fig. 17.1b). In genere la parte centrale del ghiacciaio è meno soggetta alla formazione di crepacci, il cui numero aumenta proporzionalmente all’inclinazione del pendio e alla velocità di scorrimento.
I crepacci sono più pericolosi nella zona di accumulo (fig. 17.1h), cioè quella porzione del ghiacciaio in cui ogni anno si deposita più neve di quanta se ne scioglie. In quest’area spesso i crepacci sono coperti da ponti di neve, che a volte sono troppo fragili per sostenere il peso di un escursionista. Al di sotto della zona di accumulo si trova quella parte del ghiacciaio in cui la quantità di neve che si scioglie nel corso dell’anno è uguale o superiore a quella che si deposita. Fra le due zone si trova la linea del firn (fig. 17.1c), che significa neve vecchia.
Gli strati più profondi del ghiacciaio, più densi e plastici rispetto alla sezione superiore, possono spostarsi e deformarsi senza rompersi (fig. 17.2c). Quando questi strati più vecchi e profondi sono esposti, il ghiacciaio assume un aspetto più omogeneo, senza crepacci veri e propri. Camminare su ghiacciai di questo tipo è relativamente facile e sicuro; in genere sono poco ripidi, con delle fenditure strette e poco profonde, che non sono difficili da attraversare.
Altri rischi che potreste incontrare su un ghiacciaio
VALANGHE DI GHIACCIO: le valanghe di ghiaccio possono cadere dalle cascate di ghiaccio, particolari formazioni ripide e molto frastagliate, in seguito al crollo dei seracchi. A causa del movimento costante dei ghiacciai, le valanghe di ghiaccio possono verificarsi in qualunque momento; la loro attività è legata solo in parte alle stagioni, alle variazioni della temperatura e alle precipitazioni. Il crollo dei seracchi sembra essere più frequente quando la temperatura sale sopra lo zero, oppure di notte, quando scende sotto zero. Se non potete evitare di transitare in queste aree, fatelo con la massima prudenza.
FOSSATI: si tratta di veri e propri burroni, che si formano quando le nevi invernali si sciolgono, ritirandosi dalla parete di roccia (fig. 17.1a). Possono costituire un grosso ostacolo per gli escursionisti che devono raggiungere la roccia per seguire la via di arrampicata. Se sono assicurati, gli scalatori possono attraversare un ponte di neve che passa sopra un fossato, oppure scendere nel fossato e risalire la parete rocciosa sul lato opposto.
MORENE GLACIALI: sono cumuli di materiale roccioso, trasportato e depositato a valle dal ghiacciaio (fig. 17.1i -j-k). Le morene rappresentano un grosso ostacolo alla progressione, poiché rallentano notevolmente la salita della cordata; sono delle creste ripide e strette, con dei massi in parte sepolti, pronti a staccarsi al minimo tocco. La superficie della morena spesso è dura come il cemento. Quando vi avvicinate al margine iniziale del ghiacciaio, potreste imbattervi in un miscuglio di ghiaccio e ghiaia morenica, molto scivoloso.
ACQUA DA DISGELO: l’acqua prodotta dal disgelo che scorre alla base del ghiacciaio (fig. 17.1m) può essere un ostacolo insidioso – e gelato – da superare. Se fa caldo, valutate se non sia il caso di aspettare le ore fredde del mattino seguente per l’attraversamento, quando il flusso d’acqua dovrebbe essere al minimo.
WHITEOUT: è una particolare condizione meteorologica, che si verifica quando le nuvole si abbassano, fondendosi con il manto nevoso. In questa situazione di “tutto bianco” non ci sono né nord né sud, né est né ovest, e le competenze topografiche degli alpinisti vengono messe a dura prova. Per non perdersi, durante la salita gli escursionisti possono posizionare delle bacchette per contrassegnare il sentiero e annotare i rilevamenti effettuati con la bussola e l’altimetro, anche quando sembra che il tempo rimarrà sereno. Se le nuvole si abbassano tanto da confondersi con il manto nevoso, queste semplici precauzioni si riveleranno preziosissime in discesa.
CADUTA DI SASSI: sui ghiacciai la caduta di sassi è un fenomeno frequente, perché le rocce si staccano dalle pareti e dalla creste che li circondano. Indipendentemente dalla stagione, per l’arrampicata su ghiacciaio la regola è sempre la stessa: alzarsi presto e partire subito. Di notte, quando le rocce sono incastrate nella neve gelata, la caduta di sassi è meno frequente, a differenza di quanto avviene di giorno, quando i raggi diretti del sole sciolgono i legami fra i cristalli. I rischi maggiori si corrono in tarda mattinata, quando il sole scioglie il ghiaccio, e alla sera, quando l’acqua di scioglimento rigela, aumentando di volume e provocando lo smottamento delle rocce.
I FONDAMENTALI DELLA PROGRESSIONE SU GHIACCIAIO
Per attraversare un ghiacciaio bisogna partire molto prima che il sole sorga e inizi a sciogliere i ponti di neve o a scaldare i pendii a potenziale rischio di valanghe. Lo scalatore che arrampica su ghiaccio impara ben presto ad apprezzare le luci e i suoni della montagna: il luccichio delle
stelle ad alta quota, il riflesso della luna sulla neve, il rumore dei ramponi sul ghiaccio, il tintinnio dei moschettoni nel silenzio notturno. A volte non c’è nessuno sul ghiacciaio; altre volte, un fascio di luce in lontananza indica che è stato qualcun altro ad aprire la via. L’emozione che si prova a osservare il sole che sorge da un mare di nuvole, dal punto di osservazione privilegiato della cima di una montagna, rimane anche quando i ricordi dell’escursione sono stati offuscati dal passare del tempo.
L’utilizzo della corda
La prima regola per l’attraversamento di un ghiacciaio è molto semplice: procedere in cordata. Questa regola vale sempre, anche quando il team conosce molto bene il ghiacciaio e ritiene di riuscire a individuare ed evitare tutti i crepacci. L’uso della corda è particolarmente importante nelle aree che si trovano al di sopra della linea del firn, dove ogni anno il ghiacciaio accumula più neve di quanta ne perde per effetto della fusione, aumentando le probabilità che ci siano dei crepacci nascosti dalla neve.
In alcuni casi la tentazione di procedere in solitaria su un ghiacciaio che ha tutta l’aria di essere un innocuo nevaio è forte, soprattutto se agli scalatori è già capitato di percorrere itinerari simili senza incidenti: se vi succede, vincetela. Legarsi in cordata è come allacciare la cintura di sicurezza in macchina: si perde del tempo e si fa un po’ di fatica, ma in questo modo si aumentano le probabilità di sopravvivere al più probabile degli incidenti che possono capitare su un ghiacciaio, cadere in un crepaccio. Sui ghiacciai che si trovano al di sotto della linea del firn, quando i crepacci sono stabili e ben visibili, alcuni scalatori salgono in solitaria, ma è meglio lasciarlo fare a persone che hanno parecchia esperienza in fatto di arrampicata su ghiaccio.
A stagione inoltrata, quando lo strato superiore di neve si è sciolto, è pericoloso procedere in cordata, perché sul ghiaccio duro le cadute in crepaccio sono quasi impossibili da arrestare, e in questo caso è facile rompersi qualche osso e trascinare con sé anche agli altri componenti del team. Tuttavia, in un caso analogo considerate tutti gli elementi e valutate l’opportunità di usare delle protezioni provvisorie.
Le cordate
Tre è il numero perfetto per la progressione in cordata su ghiacciaio, quando non sono previsti passaggi di arrampicata tecnica. In una cordata da tre, se uno scalatore cade in un crepaccio gli altri due intervengono ad arrestare il volo. Un gruppo di escursionisti dovrebbe essere composto da un minimo di due coniate in modo che, se una delle due rimane coinvolta in un incidente, può contare sull’aiuto dell’altra. In alcuni casi è preferibile che un grup
po di quattro persone formi un’unica cordata, per esempio quando si ritiene che uno dei componenti non sia in grado di arrestare una caduta, o se uno solo dei membri del team ha esperienza di soccorso in crepaccio.
Per le cordate da tre in genere si usa una corda da 37 metri, mentre per quattro persone di solito si usa una fune da 50 o 60 metri. In questo modo la distanza fra uno scalatore e l’altro è tale che, durante l’attraversamento di un crepaccio di dimensioni normali, una sola persona alla volta si trova in una situazione potenzialmente rischiosa. In caso di crepacci molto grandi, come quelli dell’Hima-laya o della catena montuosa dell’Alaska, per esempio, potrebbe essere necessaria una distanza maggiore.
Su terreno tecnico, cioè con inclinazione superiore a 40° o con una forte presenza di crepacci, potrebbe essere necessario assicurare, e in questo caso è più pratico muoversi in cordate da due. In situazioni di questo tipo la presenza di una seconda cordata per le situazioni di emergenza è ancora più importante.
Legare l’imbrago allo corda
In genere è meglio legare la corda direttamente alle asole dell’imbrago, invece di fare un nodo delle guide con frizione sulla corda e agganciarlo all’imbrago con un moschettone, perché questo aggiungerebbe un elemento di giunzione superfluo fra lo scalatore e la corda. Naturalmente con il moschettone è più facile agganciarsi e sganciarsi dalla corda, ma si tratta di un’operazione che non viene ripetuta spesso nel corso della giornata. Di seguito illustriamo alcuni modi per legarsi alla corda di arrampicata, che variano in base al numero dei componenti della cordata.
CORDATA DI TRE PERSONE: tre è il numero standard per la progressione non tecnica su ghiacciaio. Due scalatori si legano alle estremità della corda, in genere con un nodo delle guide con frizione doppio, che passa intorno alle asole dell’imbrago (fig. 17.5); l’arrampicatore che si trova in mezzo si lega proprio al centro della corda, di solito con un nodo bulino ripassato (fig. 17.6a); la piccola asola che rimane alla fine del nodo deve essere agganciata all’imbrago con un moschettone, per evitare che il nodo si disfi. Il secondo di cordata può anche usare il nodo a farfalla per legarsi alla corda (fig. 17.6b), perché è facile da disfare anche dopo che è stato caricato. Usate un moschettone a ghiera per legarlo all’asola dell’imbrago.
CORDATA Dl QUATTRO PERSONE: dividete la corda in tre parti. Due scalatori si legano alle estremità, gli altri due ai punti intermedi.
CORDATA DI DUE PERSONE: anche se lo standard per la progressione su ghiacciaio è la cordata da tre, in alcuni casi è meglio proce
dere in due, per esempio su terreno tecnico, dove potrebbe essere necessario assicurare. Il metodo più pratico consiste nel tendere solo una porzione della corda fra i due scalatori perché, se usata in tutta la sua lunghezza, la fune potrebbe rimanere troppo lenta mentre gli scalatori si muovono in un labirinto di crepacci. Inoltre, usando solo pane della corda, la parte restante rimane libera per le operazioni di soccorso. Il rotolo neozelandese, un sistema utilizzato per avvolgere la corda, è il modo più usato per legarsi a una corda accorciata.
Imbrago alto
Infilate la parte alta dell’imbrago sopra lo strato di indumenti, prima di iniziare l’attraversamento del ghiacciaio. Potete agganciare la corda di arrampicata all’imbrago oppure no, in base alla situazione. Durante le spedizioni, quando dovete portare uno zaino pesante, avere l’imbrago alto agganciato alla corda vi aiuta a rimanere in posizione eretta in caso di caduta; diversamente vi sarebbe molto difficile rimettervi in posizione eretta all’interno del crepaccio. Tuttavia, camminare con la corda agganciata all’imbrago alto ostacola le operazioni di autoarresto in caso di caduta di un compagno, perché la tensione esercitata sulla corda viene trasferita sul vostro corpo.
Potete ricorrere a un compromesso: agganciate la corda di arrampicata all’imbrago alto tutte le volte che attraversate un ponte di neve o quando vi trovate di fronte al rischio imminente di cadere in crepaccio, altrimenti sganciatela (come nelle figure 17.5 e 17.6).
Anelli prusik
Attaccate gli anelli prusik alla corda di arrampicata subito dopo esservi legati in cordata, in modo che siano pronti all’uso in caso di emergenza (fig. 17.5). Se vi trovate in mezzo, non potete sapere quale pane della corda dovrete risalire in caso di caduta; pertanto, attaccate un prusik alla porzione di corda che va verso lo scalatore davanti a voi, e fissatene un altro alla parte di corda che vi lega al compagno dietro di voi (fig. 17.6). In caso di caduta dovete usare solo uno dei due anelli, quello che si trova sulla porzione di corda che dovete risalire. Indipendentemente dal punto in cui attaccate i prusik, infilate in tasca le asole per i piedi, oppure agganciatele all’imbrago basso; quando vi servono, non dovete fare altro che tirarle fuori dalle tasche, oppure sganciarle dall’imbrago, e infilare gli scarponi negli appositi anelli.
Se decidete di usare un ascensore meccanico, attaccatelo alla corda solo nel momento in cui vi serve, cioè dopo la caduta in crepaccio perché, se sottoposto alla forza d’impatto provocata dalla caduta, potrebbe tagliare la corda.
Alcuni scalatori legano un anello e un moschettone all’asola superiore dello zaino, con un nodo strozzato, e li agganciano a uno degli spallacci; in questo modo, in caso di caduta in crepaccio è più facile fissare lo zaino alla corda e sfilarlo dalle spalle. Con questo sistema è anche più facile ancorare lo zaino sui tratti più ripidi del ghiacciaio.
Gestione della corda
LA CORDA NON DEVE MAI ESSERE ALLENTATA:
la prima regola per una corretta gestione della corda è quella di tenerla tesa, anche se non completamente rigida. Una corda ben tinta fra gli scalatori può servire a evitare un lungo tuffo in un crepaccio nascosto. In caso di volo, se la corda di arrampicata è allentata lo scalatore cade da un’altezza maggiore, esercitando una forza d’impatto superiore sul compagno che lo segue, e rendendo più difficile un arresto tempestivo da parte sua. Poiché cade da un’altezza maggiore, inoltre, è più probabile che lo scalatore vada a urtare contro un ostacolo o rimanga incastrato in un restringimento del crepaccio. Infine, se la corda è allentata, lo scalatore che arresta la caduta corre il rischio di essere trascinato a sua volta nel vuoto.
Per fare in modo che la corda sia sempre tesa, il capocordata deve mantenere un passo che gli altri siano in grado di seguire, anche alla lunga. A loro volta, il secondo e il terzo di cordata devono cercare di procedere alla stessa velocità del primo. In discesa occorre fare particolare attenzione, perché si ha la tendenza ad accelerare il passo.
In prossimità delle curve molto strette, quando il capocordata cambia direzione di marcia la corda tende ad allentarsi, per poi tendersi di nuovo quando anche il secondo si avvicina; mentre fa la curva, il secondo deve cercare di regolare il passo in modo da evitare che la corda si allenti. In questi casi in genere è necessario seguire un proprio percorso, senza ripercorrere il tracciato del primo, in modo da tenere la corda completamente tesa (mentre in tutti gli altri punti è meglio seguire le impronte del capocordata, perché questo rende la progressione più facile e sicura).
Per mantenere il giusto grado di tensione sulla corda, fate una piccola asola (lunga circa 6-12 centimetri) e tenetela nella mano rivolta verso valle; questo vi servirà a sentire i movimenti dei compagni e a regolare il passo di conseguenza. Tenendo la corda sul lato a valle del ghiacciaio eviterete di calpestarla, con il rischio che rimanga incastrata nei ramponi.
Quando raggiungete un punto in cui sostare
o campeggiare non trascurate la sicurezza, e assicurate sempre i compagni mentre entrano
o escono dall’area di sosta. La corda deve rimanere tesa finché l’area non è stata accuratamente ispezionata ed è stato accertato che non ci sono crepacci nascosti. Se dovete campeggiare sul ghiacciaio, sondate l’area e contrassegnate i limiti della zona sicura con delle bacchette.
TENETE LA CORDA NELLA GIUSTA INCLINAZIONE RISPETTO AL CREPACCIO: la seconda regola per una corretta gestione della corda nell’arrampicata su ghiacciaio è di formare un angolo retto fra la corda e il crepaccio, quando è possibile. Se la cordata sale seguendo un percorso parallelo al crepaccio, la gravità della caduta è accresciuta dal rischio di un lungo pendolo (fig. 17.7). Anche se non sempre è possibile fare in modo che la corda sia perpendicolare rispetto al crepaccio, tenerlo a mente può aiutarvi a scegliere il percorso migliore (fig. 17.8).
Individuare i crepacci
Per attraversare un ghiacciaio senza rischi prima di tutto bisogna cercare di individuare i crepacci, in modo da poterli evitare. Per scegliere l’itinerario giusto servono una buona programmazione iniziale, una certa esperienza, e un po’ di fortuna.
In genere la prima cosa da fare è pianificare l’itinerario, studiando le fotografie del ghiacciaio prima di partire, perché la conformazione di alcuni crepacci rimane relativamente stabile da un anno all’altro. Leggete le relazioni preparate dagli escursionisti che hanno visitato l’area di recente, anche se in estate i resoconti di viaggio più vecchi di una settimana sono di scarsa utilità, a causa del disgelo.
Durante la fase di avvicinamento osservate il ghiacciaio a distanza, in modo da avere una visione d’insieme prima di raggiungerlo. Potreste individuare una via comoda, che non avreste potuto vedere una volta arrivati sul posto. Prendete appunti o fate degli schizzi che vi aiutino a ricordare dove si trovano i crepacci più grandi, i punti di riferimento e il percorso da seguire.
Anche se studiare le fotografie sulle guide e osservare il ghiacciaio da lontano è molto utile, preparatevi a trovare delle sorprese una volta arrivati. Quelle che da lontano sembravano delle innocue fessure potrebbero rivelarsi delle pericolose voragini, e potreste trovare dei grossi crepacci che dal vostro punto di vista vi erano sfuggiti. Se possibile, pensate a dei percorsi alternativi mentre siete ancora distanti.
Una volta che avete raggiunto il ghiacciaio, non dovete mai smettere di cercare i crepacci: il fatto che non li vediate, infatti, non significa che non ci siano. Dopo aver allestito il campo base, mandate un gruppo in avanscoperta, per fare una ricognizione della prima parte del percorso del giorno successivo; in alcuni casi questo può servire a risparmiare diverse ore di perlustrazione prima dell’alba.
Sondare il manto nevoso
Se avete trovato un’area sospetta, e volete accertarvi che non ci siano crepacci, dovete sondare la consistenza del manto nevoso. Se la sonda rileva la presenza di un crepaccio, continuate a sondare l’area circostante, muovendovi in ogni direzione, per localizzare il labbro del crepaccio.
Potete usare la piccozza, infilando il manico a circa mezzo metro di profondità. Tenete la piccozza in modo che sia perpendicolare rispetto al pendio e infilatela nella neve con un movimento deciso. Se la resistenza alla spinta è uniforme, significa che la neve è compatta, almeno fino al punto in cui è penetrata la piccozza; se la resistenza esercitata dal manto nevoso si riduce bruscamente, probabilmente avete trovato una cavità. Se non potete fare a meno di proseguire in quella direzione, continuate a sondare la neve con la piccozza per determinare le dimensioni del crepaccio. Dopo aver determinato il perimetro dell’area pericolosa, il capocordata lo delimiterà con delle bacchette. L’efficacia di questa tecnica dipende dall’esperienza e dalla capacità di interpretare le variazioni riscontrate nel grado di consistenza del manto nevoso; un escursionista inesperto potrebbe pensare che il manico della piccozza è sprofondato in una buca, quando in realtà
ha soltanto incontrato uno strato di neve più morbida. La piccozza non è certo una sonda perfetta, perché è piuttosto corta, e può essere sostituita da un bastoncino da sci (dopo avere tolto la rondella), che è più leggero, più lungo e più sottile, pertanto è più facile da usare e arriva più in profondità.
Attraversare una zona di crepacci
Ci sono diversi modi per superare illesi un ghiacciaio solcato da crepacci. Le tecniche illustrate qui di seguito sono le più comuni, ma ogni escursionista dovrà adattarle alla particolare situazione in cui si verrà a trovare di volta in volta. Per attraversare un ghiacciaio dovrete passare in mezzo ai crepacci, e a volte dovrete perfino passarci sopra, stando costantemente all’erta per non sprofondare in una cavità nascosta. Difficilmente riuscirete a portare a termine il vostro percorso iniziale senza deviazioni.
Aggiramento
Raramente gli escursionisti scelgono di passare proprio sopra il crepaccio. Quando la fenditura si restringe, in genere vicino all’estremità, la tecnica più sicura è quella di passarci di fianco, aggirandolo. In alcuni casi una camminata di 600 metri permette alla contata di avanzare di soli 7-10 metri, ma è comunque meglio di un confronto diretto con il crepaccio. In estate inoltrata, quando la neve invernale si è sciolta, rivelando lo strato di ghiaccio sottostante, a volte si riesce a vedere l’estremità del crepaccio, ma se le precipitazioni stagionali hanno nuovamente coperto il ghiacciaio, quella che vedete potrebbe anche non essere la vera fine del crepaccio. Fate un’ampia deviazione intorno all’angolo, sondando con cura il manto nevoso (fig. 17.9). Osservate da vicino i crepacci adiacenti, nell’eventualità che uno di essi sia un’estensione di quello che state attraversando; è anche possibile che in realtà stiate attraversando un ponte di neve.
Attraversamento di un ponte di neve
Se l’aggiramento è impraticabile, la scelta numero due è l’attraversamento di un ponte di neve. L:alta neve invernale, indurita dal vento, potrebbe aver formato un ponte sopra il crepaccio, che potrebbe resistere fino alla stagione estiva. Esiste anche un altro tipo di ponte, più robusto, che in realtà è un sottile istmo che congiunge due crepacci, con delle fondamenta che penetrano in profondità nel corpo del ghiacciaio.
Studiate attentamente il ponte prima di attraversarlo, osservandolo anche lateralmente. Se avete dei dubbi sulla sua affidabilità, mandate il capocordata in avanscoperta, per sondare il manto e osservarlo da vicino, mentre il secondo rimane fermo, con la corda completamente tesa, pronto a passare immediatamente nella posizione di autoarresto in caso di necessità (fig. 17.10). Quando il capocordata ha attraversato il ponte, gli altri membri della cordata lo raggiungono, calcando le sue impronte, venendo a loro volta protetti dalla corda tesa tenuta da un compagno.
La resistenza di un ponte di neve varia enormemente con le oscillazioni della temperatura. Un ponte che con il rigido freddo invernale o nelle prime ore del giorno potrebbe sopportare
peso di un camion, può crollare sotto il peso di una sola persona durante il disgelo pomeridiano. Ogni volta che ne attraversate uno usate b massima prudenza. Non date per scontato che un ponte che al mattino ha retto senza difficoltà il vostro peso, durante la salita, sia sicuro mentre scendete, nel pomeriggio. In caso di dubbio, attrezzare un sistema di assicurazione potrebbe farvi risparmiare le dispendiose operazioni di soccorso in crepaccio.
Salto
Saltare è uno dei metodi meno usati per attraversare un crepaccio (fig. 17.11). In genere questa tecnica viene adottata se per superare il vuoto è sufficiente un balzo corto e piuttosto facile. Prima di azzardare un volo disperato, accertatevi di aver valutato tutte le possibili alternative e di essere ben assicurati.
Mentre siete ben supportati da una corda tesa o da un sistema di assicurazione, sondate il lato nevoso per trovare il labbro del crepaccio.
Se per saltare dovete prendere la rincorsa, pestate la neve per creare una base di appoggio più stabile. Mettete la giacca a vento, i guanti e il cappello; controllate i prusik e l’imo, poi srotolate la quantità di corda necessaria all’assicuratore, e saltate, tenendo la piccozza con l’impugnatura di autoarresto, pronti a agganciarvi al labbro opposto, nel caso in cui non riusciate ad atterrare sull’altro lato. Una volta che siete dall’altra parte del crepaccio. le due sponde sono collegate dalla corda, quindi per i vostri compagni di cordata il salto sarà meno pericoloso: se uno di loro fa un salto troppo corto, potete tirarlo su con la corda.
Se il salto va dal labbro del crepaccio superiore a quello inferiore, fate particolare attenzione (i crepacci terminali, per esempio, spesso hanno un’ampia parete strapiombante sul lato a monte). In caso di salti molto lunghi e su neve dura potreste farvi male; in questi casi divaricate leggermente le gambe per migliorare l’equilibrio, piegate le ginocchia per assorbire l’urto, e tenete la piccozza pronta per l’autoarresto. Sistemate bene le ghette, in modo che non si impiglino nei ramponi.
Dentro il crepaccio
In rari casi la soluzione più pratica per superare un crepaccio poco profondo è quella di calarsi all’interno, attraversare il fondo e arrampicarsi sul lato opposto. Questa tecnica deve essere usata solo da un gruppo di scalatori molto forti, ben preparati ed equipaggiati, capaci di attrezzare un buon sistema di assicurazione. Spesso il fondo del crepaccio non è solido come sembra: se crolla sotto il peso del capocordata, lasciandolo sospeso, gli altri devono essere in grado di soccorrerlo immediatamente.
Formazione a gradini
In alcuni casi la disposizione dei crepacci è tale da rendere impossibile l’applicazione della regola secondo la quale la corda deve formare un angolo retto con il crepaccio. Se la via di salita corre parallelamente al crepaccio, in alcuni casi la soluzione migliore è usare la formazione a gradini: gli scalatori camminano di fianco e dietro al capocordata, come se ciascuno di loro fosse il gradino di una scala (fig. 17.12). Questa formazione funziona al meglio su ghiacciai stabili con numerosi crepacci; tuttavia, bisogna conoscerne la posizione, e il rischio di imbattersi in fenditure nascoste deve essere molto basso. La salita a gradini è un’alternativa valida quando seguire le impronte del capocordata, procedendo in fila indiana in mezzo a un labirinto di crepacci, sarebbe impossibile. Evitate di usare questa tecnica nelle aree in cui potrebbero esserci dei crepacci nascosti.
Luca Mattiello è un appassionato della montagna e uno specialista dell'attrezzatura necessaria per esplorare e affrontare le sfide di questo ambiente unico. Con una profonda passione per l'avventura all'aperto e una vasta conoscenza delle tecniche di escursionismo, alpinismo e trekking, Luca si dedica a condividere le sue esperienze e conoscenze.