La geologia è la scienza che ci permette di conoscere la forma e la sostanza delle montagne. Gli scalatori sanno per esperienza quanto il tipo di roccia possa influire sulla via di arrampicata, che può essere una parete nuda e liscia, oppure frastagliata da cenge e fessure, e sanno anche che alcuni tipi di rocce sono quasi sempre solidi, mentre altri si sgretolano facilmente.
Il successo dell’arrampicata può dipendere dalla loro conoscenza di questa materia.
PUNTO DI OSSERVAZIONE
Per conoscere bene la montagna occorre esaminarla da tre diversi punti di osservazione, analizzandola nel suo insieme, come paesaggio, da media distanza, per studiare gli affioramenti superficiali, e da molto vicino, osservando il singolo campione di roccia. Ciascuno di questi tre punti di osservazione contribuisce a una conoscenza più approfondita dell’ambiente alpino.
PAESAGGIO: questa osservazione a distanza (a volte anche di diversi chilometri) consente di esaminare la montagna nel suo insieme, aiutando gli scalatori a individuare una via di accesso alla cima. Utilizzando delle fotografie, oppure il binocolo, potete cercare una via caratterizzata da roccia resistente o, al contrario, individuare tratti in cui vi sembra friabile e poco affidabile. In altre parole, potete riconoscere i tratti dei quali vi potete fidare, e quelli sui quali dovrete fare molta attenzione. A uno strato di roccia resistente può seguire una cresta; una serie di fratture può creare un percorso a zigzag fino alla cima; dei cambiamenti improvvisi di pendenza possono indicare una faglia (una frattura lungo la quale si è verificato uno spostamento) o un brusco cambiamento del tipo di roccia.
AFFIORAMENTO: da questo punto di osservazione (da 3 a 30 metri) lo scalatore si concentra su un singolo affioramento. L’osservatore può individuare delle caratteristiche che potrebbero facilitare, oppure ostacolare, la salita. Per esempio, una serie più o meno regolare di fessure può essere il terreno ideale per l’uso dei cunei, mentre un dicco resistente (frattura riempita da roccia fusa) può offrire una comoda via d’accesso.
CAMPIONE DI ROCCIA: a distanza di circa un metro dall’affioramento l’osservatore può studiare i dettagli. Da questo punto di osservazione può identificare il tipo di roccia e riconoscere una struttura difficile da arrampicare o che, al contrario, offre dei comodi appigli.
COME SI FORMANO LE MONTAGNE
Dal punto di osservazione più distante vediamo la terra. Osservando le catene montuose da lontano è possibile distinguere la loro configurazione, risultato dei processi della tettonica a zolle (o a placche). In base a questa teoria lo strato più esterno della terra (la litosfera) è costituito da delle zolle, o placche, che si muovo-
in modo lento ma costante.
La maggior parte delle catene montuose è il risultato di enormi forze che avvicinano o allontanano le masse rocciose. Quando le zolle tettoniche si muovono l’una verso l’altra, i loro bordi (margini) si chiamano convergenti; quando si muovono in direzioni opposte, allontandosi, i loro margini vengono definiti divergenti. Infine, quando due placche a cono scorrono una di fianco all’altra, senza allontanarsi né avvicinarsi, si parla di margini trasformi, ma in queste zone raramente si formano delle montagne. Questo paragrafo deve i due tipi di margini che provocano la azione di catene montuose.
Margini di zolle convergenti
Esistono tre tipi di margini convergenti, ciascuno dei quali crea un tipo di montagna diverso.
MARGINI OCEANO-OCEANO: questi tipi di margini si hanno quando due zolle oceaniche convergono (fig. 25.1 a). La placca più vecchia e più fredda crea una zona di subduzione, sprofondando sotto un’altra placca, più giovane e più calda, fino alla sua dissoluzione nel mantello. In profondità, all’interno della zona di subduzione, circa 90-100 chilometri al di sotto della superficie terrestre, si forma del magma abbondante (materiale fuso che si trova al di sotto della superficie della terra), che tende a salire verso l’alto. Con il passare del tempo gran parte del magma raggiunge la superficie, formando una catena di vulcani insulari oceanici. Le montagne insulari delle Isole Aleutine e l’Indonesia ne sono due esempi.
MARGINI OCEANO-CONTINENTE: la subduzione si verifica anche quando la litosfera oceanica sprofonda al dì sotto del margine di un continente (fig. 25.1b). Questo fenomeno produce una catena di montagne vulcaniche sulla terraferma. Si possono formare tre tipi di vulcani diversi: i vulcani a scudo, grandi depositi conici di lave basaltiche con i pendii poco inclinati, come il Belknap Crater, nella catena montuosa delle Cascades, Oregon centrale, che però non sono molto comuni; gli stratovulcani, spesso meta degli scalatori, che sono costituiti da andesite e caratterizzati da fianchi più ripidi, come il Monte Rainier, nello stato di Washington, e il Monte Baker e il Fujiyama, in Giappone; i coni di ceneri, costituiti da materiali piroclastici, che in genere sono alti solo poche centinaia di metri, come il Black Buttes, vicino a Bend, nell’Oregon, e il Wizard Island, nel Parco Nazionale del Crater Lake, nell’Oregon.
Muovendosi, le zolle tettoniche generano vari tipi di sollecitazioni, come le faglie, i corrugamenti e i sollevamenti, che creano le strutture delle montagne. Questi movimenti, come anche l’erosione, espongono gli strati più profondi della crosta terrestre. Per esempio, lo scisto e lo gneiss, due tipi di rocce che si trovano nelle North Cascades dello stato di Washington, si sono formate sul fondo oceanico 250 milioni di anni fa, sotto forma di argilla e limo. Durante la convergenza delle zolle questo materiale è stato sepolto 30.000 metri sotto la superficie terrestre dove, per effetto della pressione e del calore, si è trasformato in scisto e gneiss. La progressiva convergenza delle placche ora ha riportato queste rocce in superficie, nella parte settentrionale della catena montuosa. A sud, invece, il vulcanismo ha sepolto di nuovo lo strato metamorfico, dando origine a una catena di grandi stratovulcani, che si estendono dalla British Columbia alla California settentrionale. Altre catene montuose di origine analoga sono le Ande del Sud America e le Alpi Giapponesi.
MARGINI CONTINENTE-CONTINENTE (Zone di sutura): molte delle catene montuose presenti sulla terra si sono formate nel punto di convergenza di due zolle continentali o di una zolla continentale e un arco insulare (fig. 25.1c). Per esempio, l’Himalaya si è formato in seguito alla collisione fra l’India e l’Asia, le Alpi Europee sono state create dalla spinta verso nord dell’Africa verso l’Europa, mentre le Montagne Rocciose sono il risultato della collisione fra numerose microzolle che, nel corso degli ultimi 170 milioni di anni, hanno spinto il margine nordamericano per centinaia di chilometri verso ovest. In queste catene montuose, le faglie possono provocare lo spostamento di una parte di una catena montuosa al di sopra di un’altra. Queste particolari taglie di accavallamento sono molto evidenti sulle Alpi, sulle Montagne Rocciose del Canada e sulle North Cascades (fig. 25.3).
Margini di zolle divergenti
Quando le zolle divergono la litosfera viene sottoposta a sollecitazione, fino alla rottura. I margini divergenti più estesi sono quelli delle catene montuose sottomarine delle dorsali medioceaniche (fig. 25.1d), che ovviamente sono inaccessibili agli scalatori. I margini divergenti si creano anche all’interno dei continenti (fig. 25.1e), e in questo caso rappresentano un tipo di terreno molto interessante per gli arrampicatori.
RIFT CONTINENTALI: quando le zolle della litosfera si allontanano lungo le rift (o fosse) continentali, le faglie verticali rompono la crosta in enormi montagne a blocchi, caratterizzate da pareti quasi verticali da un lato e pendii più moderati dall’altro. In questo modo si formano delle grosse scarpate, come nella Rift Valley dell’Africa orientale. Alcune montagne degli Stati Uniti occidentali, come la catena Wasatch, nello Utah, e la Sierra Nevada, in California, sono caratterizzate da faglie a gradini, con prolungamenti all’interno della zolla nordamericana, più che lungo i suoi margini (fig. 25.2).
Le montagne formatesi per divergenza in genere hanno meno rilievi (differenze di altitudine) rispetto a quelle create dai margini convergenti, ma non è sempre così. Il Monte Whitney, che fa parte della Sierra Nevada, è la cima più alta degli Stati Uniti (4400 metri), mentre il Wheeler Peak, che fa parte della catena montuosa Snake, nel Nevada orientale, è alto 4000 metri.
Il vulcanismo influisce anche sulla topografia dei margini. Il magma contenuto nel mantello, al di sotto del rift, può salire in superficie attraverso le faglie formando, nel tempo, i vulcani a scudo e i coni compositi, come il Kilimangiaro, in Africa.
Punti caldi interplacca dei vulcani
La montagna più alta della terra non è l’Everest, ma l’isola di Hawaii, dove il Mauna Kea si innalza per 9000 metri al di sopra del fondo marino. Hawaii fa parte di una catena di isole vulcaniche e montagne sottomarine, che si estendono dal centro del Pacifico fino quasi al Giappone. Queste gigantesche isole di basalto sono l’espressione superficiale dei pennacchi di calore, chiamati anche punti caldi (fig. 25.10, che dalla parte inferiore del mantello si alzano verso la litosfera, come una nube cumuliforme che sale verso la stratosfera in una calda giornata d’estate. Questi pennacchi bruciano all’interno della litosfera in movimento, creando una catena di vulcani che sorge sul fondo marino.
I punti caldi si trovano anche sui continenti, e ne sono un esempio la catena di vulcani e lave (la lava è la roccia che fonde sulla superficie terrestre) che attraversano la pianura del fiume Snake, vicino a Boise, nell’Idaho, proseguendo a nordest fino al parco nazionale di Yellowstone, dove attualmente si trova il pennacchio. Poiché i punti caldi provocano soprattutto la formazione di vulcani a scudo con pendii moderati, per scalarli raramente sono richieste competenze di arrampicata tecnica; tuttavia, una delle traversate più interessanti del mondo è proprio la via che porta alla cima del Mauna Loa, sull’isola di Hawaii.
LA STRUTTURA DELLE MONTAGNE
Le placche tettoniche più lente si muovono più o meno alla stessa velocità alla quale crescono le unghie, mentre quelle più rapide si spostano approssimativamente alla stessa velocità alla quale crescono i capelli, cioè da 5 a 17 centimetri all’anno. Questi movimenti non sono percepibili dall’occhio umano, ma gli effetti che hanno sulla superficie terrestre possono essere rilevanti. Lo spostamento delle placche tettoniche, infatti, sottopone la roccia a varie sollecitazioni, e il risultato di questo processo sono le strutture variabili note come montagne. Il movimento delle zolle può provocare uno spostamento delle montagne verso l’alto, verso il basso o laterale, e può persino causarne la rottura. In prossimità della superficie terrestre gli strati rocciosi sono fragili, di conseguenza si fratturano, formando dei giunti di stratificazione, oppure si spostano lungo le faglie. A profondità maggiori, invece, dove la temperatura e la pressione sono più elevate, la roccia tende a piegarsi, piuttosto che rompersi.
Pieghe
Le rocce sedimentarie in origine si depositano in strati orizzontali. Tuttavia su alcune montagne, come quelle della Front Range, in Colorado, spesso si osservano degli strati fortemente inclinati o addirittura quasi verticali. Le rocce che li compongono sono state compresse, in modo da formare delle pieghe. Potete provare a simulare questo processo appoggiando un tovagliolo sul tavolo, in modo che sia ben disteso, e spingendo i bordi verso il centro, creando così una serie di pieghe anticlinali, a forma di arco, e sinclinali, simili ad avvallamenti (fig. 25.3). Le pieghe possono essere microscopiche o raggiungere l’altezza di oltre un chilometro. Talvolta, come nel caso degli Appalachi, la forma dell’intera catena montuosa è determinata dalla struttura a pieghe sottostante. Per studiare l’andamento delle pieghe i punti dí osservazione migliori sono quello a distanza, che permette di guardare il paesaggio nel suo insieme, e quello medio, dal quale si esaminano gli affioramenti. In base al loro particolare andamento le pieghe possono formare delle rampe, degli strapiombi e delle creste, che sono elementi cruciali nella pianificazione della via di salita.
delle fratture. Se i giunti di dilatazione si formano parallelamente rispetto alla superficie esposta (come l’Half Dome, nel parco nazionale di Yosemite), le rocce si sfaldano in strati, chiamati giunti di desquamazione (fig. 25.3). In genere i giunti si formano in serie, ad angoli di 30°, 60° o 90° gli uni dagli altri; la misura dell’angolo tende a rimanere costante quando il tipo di roccia è lo stesso. Saper distinguere i vari tipi di giunti è essenziale per la scelta della via di arrampicata, soprattutto sulle pareti verticali di granito, dove i giunti potrebbero essere l’unica possibilità per raggiungere la cima senza dover arrampicare in artificiale.
Le vene sono delle fratture che sono state riempite da minerali, in genere quarzo o calcite. Queste venature della roccia possono influire in modo determinante sulla struttura della superficie rocciosa. Le vene riempite dal quarzo tendono a sporgere esternamente, formando delle creste, mentre quelle di calcite, più morbide, sono rientranti.
Su alcune pareti verticali le vene potrebbero offrire gli unici appoggi disponibili, pertanto seguire la configurazione delle fratture aiuterà a individuare gli appoggi e gli appigli successivi.
Giunti e vene
I giunti sono delle fessure che si formano quando le masse rocciose si dilatano o si contraggono. I giunti di contrazione si creano quando la roccia calda si contrae per effetto del raffreddamento. Fra quelli più diffusi, l’unico tipo di giunto di contrazione puro è la struttura colonnare della colata lavica. Il risultato di questo processo è una serie di colonne approssimativamente esagonali alte circa 3 metri. Le colonne eccezionalmente alte, come la Torre del diavolo nel Wyoming, offrono delle spettacolari opportunità di arrampicata.
I giunti si formano anche quando l’erosione espone la roccia che in precedenza era sepolta in profondità; quando le rocce soprastanti vengono rimosse, quelle sottostanti, una volta sepolte, emergendo possono subire
Faglie
La faglia è la frattura di un complesso roccioso, accompagnata dallo spostamento delle due parti separate. Il movimento percepibile può essere di un solo centimetro, oppure può riuscire a sollevare un’intera catena montuosa, come nel caso della parete orientale della Sierra Nevada. Gli scalatori devono essere in grado di riconoscere le faglie, perché possono assemblare dei blocchi di rocce molto diverse fra loro. Le zone delle faglie, inoltre, sono costituite da un tipo di roccia molto delicato, il gouge, che può rappresentare un pericolo per gli arrampicatori.
Le faglie vengono classificate in base al loro movimento relativo. Le faglie dirette sono caratterizzate da un movimento verticale, che si verifica quando la crosta terrestre si allontana fino al punto di rottura (fig. 25.2), come nella catena montuosa del Grande bacino che attraversa il Nevada, lo Utah, e la California. Si ha movimento verticale anche nel caso delle faglie inverse e di accavallamento, che in pratica sono delle faglie inverse con un angolo inferiore a 20° (fig. 25.3); in questo caso la faglia è dovuta a compressione, a causa della collisione delle placche della litosfera; ne sono un esempio le Alpi e l’Himalaya. Le faglie trasformi, infine (per esempio le faglie di San Andreas, in California), sono provocate dallo spostamento della litosfera su un piano orizzontale, anziché verticale. Con questo tipo di movimento la montagna può spostarsi da un punto all’altro, ma in genere non c’è sollevamento.
Luca Mattiello è un appassionato della montagna e uno specialista dell'attrezzatura necessaria per esplorare e affrontare le sfide di questo ambiente unico. Con una profonda passione per l'avventura all'aperto e una vasta conoscenza delle tecniche di escursionismo, alpinismo e trekking, Luca si dedica a condividere le sue esperienze e conoscenze.